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Santi del 30 Novembre

Il mio Santo > I Santi di Novembre

*Beato Alessandro Crow - Martire (30 novembre)

Etimologia: Alessandro = protettore di uomini, dal greco
Martirologio Romano: A York sempre in Inghilterra, Beato Alessandro Crow, sacerdote e martire, che da umile calzolaio divenne sacerdote e per il suo sacerdozio terminò gloriosamente sul patibolo il suo martirio sotto la stessa regina.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Alessandro Crow, pregate per noi.

*Sant'Andrea - Apostolo (30 novembre)

Bethsaida di Galilea - Patrasso (Grecia), ca. 60 dopo Cristo
Andrea, già discepolo di Giovanni Battista, fratello di Pietro, gli comunicò la scoperta del Messia. Entrambi furono chiamati dal Maestro sulle rive del lago per diventare “pescatori di uomini”.
Nel prodigio della moltiplicazione dei pani segnala a Gesù il fanciullo dei cinque pani e dei due pesci.
Egli stesso insieme a Filippo riferisce che alcuni Greci vogliono vedere Gesù. Crocifisso a Patrasso secondo la tradizione, è particolarmente venerato nella Chiesa greca. (Mess. Rom.)
Patronato: Pescatori
Etimologia: Andrea = virile, gagliardo, dal greco
Emblema: Croce decussata, Rete da pescatore
Martirologio Romano: Festa di Sant’Andrea, Apostolo: nato a Betsaida, fratello di Simon Pietro e pescatore insieme a lui, fu il primo tra i discepoli di Giovanni Battista ad essere chiamato dal Signore Gesù presso il Giordano, lo seguì e condusse da lui anche suo fratello. Dopo la Pentecoste si dice abbia predicato il Vangelo nella regione dell’Acaia in Grecia e subìto la crocifissione a Patrasso. La Chiesa di Costantinopoli lo venera come suo insigne patrono.
Tra gli apostoli è il primo che incontriamo nei Vangeli: il pescatore Andrea, nato a Bethsaida di Galilea, fratello di Simon Pietro.
Il Vangelo di Giovanni (cap. 1) ce lo mostra con un amico mentre segue la predicazione del Battista; il quale, vedendo passare Gesù da lui battezzato il giorno prima, esclama: "Ecco l’agnello di Dio!".
Parole che immediatamente spingono Andrea e il suo amico verso Gesù: lo raggiungono, gli parlano e Andrea corre poi a informare il fratello: "Abbiamo trovato il Messia!".
Poco dopo, ecco pure Simone davanti a Gesù; il quale "fissando lo sguardo su di lui, disse: “Tu sei Simone, figlio di Giovanni: ti chiamerai Cefa”".
Questa è la presentazione. Poi viene la chiamata. I due fratelli sono tornati al loro lavoro di pescatori sul “mare di Galilea”: ma lasciano tutto di colpo quando arriva Gesù e dice: "Seguitemi, vi farò pescatori di uomini" (Matteo 4,18-20).
Troviamo poi Andrea nel gruppetto – con Pietro, Giacomo e Giovanni – che sul monte degli Ulivi, “in disparte”, interroga Gesù sui segni degli ultimi tempi: e la risposta è nota come il “discorso
escatologico” del Signore, che insegna come ci si deve preparare alla venuta del Figlio dell’Uomo "con grande potenza e gloria" (Marco 13).
Infine, il nome di Andrea compare nel primo capitolo degli Atti con quelli degli altri apostoli diretti a Gerusalemme dopo l’Ascensione.
E poi la Scrittura non dice altro di lui, mentre ne parlano alcuni testi apocrifi, ossia non canonici. Uno di questi, del II secolo, pubblicato nel 1740 da L.A. Muratori, afferma che Andrea ha incoraggiato Giovanni a scrivere il suo Vangelo.
E un testo copto contiene questa benedizione di Gesù ad Andrea: "Tu sarai una colonna di luce nel mio regno, in Gerusalemme, la mia città prediletta. Amen". Lo storico Eusebio di Cesarea (ca. 265-340) scrive che Andrea predica il Vangelo in Asia Minore e nella Russia meridionale.
Poi, passato in Grecia, guida i cristiani di Patrasso.
E qui subisce il martirio per crocifissione: appeso con funi a testa in giù, secondo una tradizione, a una croce in forma di X; quella detta poi “croce di Sant’Andrea”.
Questo accade intorno all’anno 60, un 30 novembre.
Nel 357 i suoi resti vengono portati a Costantinopoli; ma il capo, tranne un frammento, resta a Patrasso. Nel 1206, durante l’occupazione di Costantinopoli (quarta crociata) il legato pontificio cardinale Capuano, di Amalfi, trasferisce quelle reliquie in Italia. E nel 1208 gli amalfitani le accolgono solennemente nella cripta del loro Duomo.
Quando nel 1460 i Turchi invadono la Grecia, il capo dell’Apostolo viene portato da Patrasso a Roma, dove sarà custodito in San Pietro per cinque secoli. Ossia fino a quando il Papa Paolo VI, nel 1964, farà restituire la reliquia alla Chiesa di Patrasso.
(Autore: Domenico Agasso – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Andrea, pregate per noi.

*Beato Berengario de Ostales - Mercedari  (30 novembre)

XIV secolo
Illustre cavaliere laico del convento mercdario di San Pietro dei Greci in Teruel (Spagna), il Beato Berengario de Ostalés, seppe onorare l'Ordine e la Chiesa.
Quando il 12 luglio 1317 fu eletto come Maestro Generale San Raimondo Albert e che per la prima volta era un chierico, i tradizionalisti che volevano ancora un cavaliere laico elessero Berengario, ma tale elezione non fu approvata dal Papa, non perché non ne fosse all'altezza ma perché ormai sicuramente erano di un numero superiore i frati ed era giusto cambiare.
Rinomato per la santità della vita salì splendente in cielo e il suo nome rimase per sempre impresso nei luoghi dove visse.
L'Ordine lo festeggia il 30 novembre.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Berengario de Ostales, pregate per noi.

*San Cuthberto Mayne – Presbitero e Martire (30 novembre)
Scheda del gruppo a cui appartiene:
“Santi Quaranta Martiri di Inghilterra e Galles”

Youlston (Cornovaglia, GB), 1544 - Launceston, 30 novembre 1577
Martirologio Romano:
A Lanceston in Inghilterra, San Cutberto Mayne, sacerdote e martire, che, abbracciata le fede cattolica e ordinato sacerdote, esercitò il suo ministero in Cornovaglia, finché, condannato a morte sotto la regina Elisabetta I per aver reso di pubblico dominio una Lettera Apostolica, fu consegnato al patibolo, primo fra gli studenti del Collegio Inglese di Douai.
Nasce al tempo della crisi che sotto Enrico VIII Tudor (1509-1547)stacca l’Inghilterra dalla Chiesa di Roma, dando vita a una sorta di “cattolicesimo autonomo”, che ha per capo il re. Chi non gli obbedisce, anche in materia religiosa, diventa un traditore. E infatti con questa accusa vanno al supplizio sacerdoti, frati e laici eminenti come Tommaso Moro, già cancelliere della corona.
Morto Enrico VIII, e dopo un lustro di regno nominale di suo figlio Edoardo VI ancora minorenne, va sul trono la sua prima figlia Maria, detta “la Cattolica”, che capovolge la politica
del padre, ristabilendola situazione di prima. Ma copia sciaguratamente la brutalità di Enrico: pensa di ravvivare la fede usando i patiboli, e si merita il soprannome di “Sanguinaria”. Cuthberto Mayne ha uno zio prete che lo ha messo molto presto a scuola, con un disegno preciso: portare anche lui al sacerdozio, e averlo poi come collaboratore e successore. Quando è sui14 anni, ecco in Inghilterra un’altra svolta: Elisabetta I, succeduta alla sorellastra Maria nel 1558, riprende la politica di Enrico e la porta alle estreme conseguenze: non solo il distacco dalla Sede romana, ma il ripudio del cattolicesimo nella dottrina, nel culto, nell’ordinamento del clero; severa imposizione del giuramento di fedeltà alla Corona. E gran lavoro per il boia, come ai tempi di Enrico VIII e a quelli di Maria.
Lo zio prete di Cuthberto non ha avuto fastidi e ha conservato il posto perché si è affrettato a giurare: è diventato “anglicano”, insomma.
E sui suoi passi procede anche il nipote. Verso i vent’anni è ordinato a sua volta ministro del culto, prosegue poi gli studi a Oxford. Ma qui entra in contatto con gente nuova: cattolici clandestini. Ce n’è ancora qualche decina di migliaia nel regno d’Inghilterra. (Ben pochi, ma attivissimi. Preti che improvvisano attività missionaria nel loro carcere; laici che organizzano reti di nascondigli per i ricercati, e tipografie clandestine e contrabbando di messali).
In Francia, a Douai, è nato addirittura un seminario per i giovani inglesi che in questi climi vogliono diventare sacerdoti cattolici. Dalle amicizie personali, poi, gli viene una spinta crescente, un’attenzione nuova per la fede cattolica.
In un giorno del 1570, proprio una lettera spedita a lui da Douai lo trasforma da cappellano in ricercato: l’ha intercettatala polizia, c’è pericolo di arresto, e Cuthberto abbandona Oxford entrando in clandestinità. Riesce a lasciare l’Inghilterra, raggiunge Douai, ed eccolo infine accolto nel seminario. Nel 1575 riceve l’ordinazione sacerdotale; rimane ancora per qualche mese per completare la preparazione, e nel1576 eccolo in Cornovaglia sotto copertura: ufficialmente dirige una fattoria, e di fatto è il parroco clandestino dei cattolici del luogo. Un ministero molto breve, il suo: a metà del 1577 lo arrestano, ed è già tutto scritto: la sua opera di prete clandestino è alto tradimento e comportala morte.
Lui potrebbe salvarsi se giurasse fedeltà alla Corona, secondo le leggi di Elisabetta I. Ma rifiuta. Morte con squartamento, dunque, previa impiccagione. Ma forse lui non soffre, perchécade e sviene salendo il patibolo a Launceston.
E così, privo di sensi, viene appeso alla forca. Paolo VI lo canonizza nel 1970 come uno dei quaranta martiri d’Inghilterra e Galles (la cui festa è il 25 ottobre).
(Autore: Domenico Agasso – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Cuthberto Mayne, pregate per noi.

*Sant'Everardo di Stahleck - Monaco a Chumbd, Confessore  (30 novembre)

Etimologia: Everardo = audace, forte come il cinghiale, dal tedesco
Nato dalla famiglia dei conti di Stahleck, dopo aver servito come paggio alla corte di Heidelberg, Everardo, ancora giovanissimo, volle farsi cistercense nell'abbazia di Schoenau, non lontano da quella città. Ma, non avendo compiuto gli studi, non fu accettato.
Non rinunziò tuttavia alla vita religiosa e, all'età di sedici anni, si ritirò in un eremitaggio, che costruì lui stesso a Chumbd, presso Simnern, nella diocesi di Magonza. Volle in seguito fondare un monastero di monache cistercensi.
Si rivolse allora all'abate Arnoldo di Eberbach, abbazia situata nella diocesi di Magonza, il quale gli inviò un gruppo di religiose dell'abbazia di Marienhausen, presso Rudeshein nella stessa diocesi di cui aveva la cura.
Fu così che nacque l'abbazia di Chumbd (o Comeda), che fu sottoposta, essa pure, all'abate di Eberbach.
Solo allora Everardo ricevette l'abito dell'Ordine. Promosso e ben presto suddiacono, fu nominato padre spirituale delle religiose, fra cui si trovavano due sue sorelle.
Un fratello lo raggiunse poi come frate converso a Comeda. Dopo una lunga malattia, Everardo morì in concetto di santità a ventott'anni, il 30 novembre 1191, e fu sepolto nella chiesa del monastero. I Cistercensi l'hanno iscritto nel loro Menologio. Essendo stata l'abbazia di Comeda soppressa nel 1566, i suoi resti furono trasferiti nell'abbazia di Himmerod.
(Autore: Marie-Anselme Dimier – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Everardo di Stahleck, pregate per noi.

*Beato Federico da Ratisbona - Confessore  (30 novembre)
m. Ratisbona, 29 novembre 1329
Il Beato Federico nacque a Ratisbona (Germania) da genitori appartenenti alla classe media. Entrato come fratello laico nel convento degli agostiniani, servì la comunità come falegname.
Divenne ben presto noto per la sua religiosità, la sua umiltà e la sua ardente devozione per l'Eucaristia. Poco si sa della sua vita, conosciamo però alcune leggende.
Quella più conosciuta narra che Federico un giorno, non potendo partecipare alla Messa, ricevette proprio nel luogo dove stava lavorando la comunione da un angelo.
Racconti come questo rispecchiavano la devozione eucaristica del nostro beato e provano la profonda influenza prodotta sui contemporanei e il culto incessante che gli fu tributato. Federico morì a Ratisbona il 29 novembre del 1329. Nel 1909 Pio X lo proclamò beato. (Avvenire)
Martirologio Romano: A Ratisbona nella Baviera in Germania, Beato Federico, religioso dell’Ordine degli Eremiti di sant’Agostino, che, solerte falegname, eccelse per fervore di preghiera, obbedienza e carità.
Il Beato Federico nacque a Ratisbona (Germania) da genitori appartenenti alla classe media. Entrato come fratello laico nel convento degli agostiniani, servì la comunità come falegname con il compito di provvedere alla legna occorrente per l’uso quotidiano. Univa il lavoro manuale ad una
profonda vita di preghiera. Divenne ben presto noto per la sua religiosità, la sua umiltà e la sua ardente devozione per l’Eucaristia. Poco si sa della sua vita, conosciamo però alcune leggende. All'inizio di questo secolo è stata rinvenuta la relazione scritta di due di esse nella biblioteca del capitolo metropolitano di Praga, pubblicate poi dal canonico Dr. Podlaha.
L'autore, P Hieronymus Streitel, Priore di Ratisbona e cronista dell'Ordine nel primo decennio del sec. XVI, raccoglie tradizioni orali e in particolare quelle messe insieme per la composizione del ritratto istoriato che uno dei suoi immediati predecessori a capo della comunità ratisbonense, il P. Konrad Schleier, aveva commissionato per decorare la tomba di Federico. La leggenda più conosciuta narra che Federico un giorno, non potendo partecipare alla Messa, ricevette proprio nel luogo dove stava lavorando la comunione da un angelo. La preferenza per la coloritura dei fatti storici fa guardare oggi con sospetto, se non con un tendenziale rifiuto a simili racconti. Ma il narratore medievale non era interessato tanto alla vita dei santi, quanto alla loro testimonianza e alla conferma e al riconoscimento divino della loro santità. Egli aveva intenzione di rappresentare un esempio di virtù, un ideale religioso e entusiasmare così gli animi.
Racconti come questo rispecchiavano la devozinne eucaristica del nostro beato e provano la profonda influenza prodotta sui contemporanei e il culto incessante che gli fu tributato.
Il Beato Federico morì a Ratisbona il 29 novembre del 1329.
Gli sforzi del servo di Dio Padre Pio Keller andarono a buon fine quando il Papa San Pio X, il 12 maggio 1909, ratificò la venerazione ininterrotta di cui Federico aveva goduto e lo proclamò Beato.
Dal 1913 i suoi resti mortali, insieme al menzionato lavoro pittorico, che di fatto risulta la più antica “Vita” del Beato, sono esposti alla venerazione dei fedeli nella chiesa di S. Cecilia di Ratisbona. La sua memoria liturgica ricorre il 29 novembre.
(Autore: P. Bruno Silvestrini O.S.A. – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Federico da Ratisbona, pregate per noi.

*San Galgano Guidotti - Eremita (30 novembre)  

Chiusdino, Siena, 1150 (?) - Monte Siepi, Siena, 30 novembre 1181
La vita di Galgano Guidotti ricorda i romanzi cavallereschi medievali. Donnaiolo e violento, come tutti gli uomini del suo rango, il senese, nato intorno al 1148, a 30 anni ha un sogno. Sul monte Siepi l'arcangelo Michele lo presenta ai 12 apostoli riuniti in una casa rotonda. Si va a stabilire sull'altura, vi pianta la spada e vive da eremita fino alla morte, nel 1181. Papa Lucio III lo proclama santo nel 1185, dopo la prima "causa canonica" di cui si ha notizia nella storia, condotta dal cardinale Conrad di Wittelsbach. Sul luogo del romitaggio sorgono una chiesa rotonda e un'abbazia cistercense.  (Avvenire)
Martirologio Romano: Presso il monte Siepi in Toscana, san Galgano Guidotti, eremita, che, convertitosi a Dio dopo una gioventù dissipata, passò il resto della sua vita in una volontaria mortificazione del corpo.
Galgano nacque a Chiusdino (attualmente in provincia di Siena), in un anno incerto collocabile intorno al 1150, da una famiglia di ceto elevato, legata da rapporti di vassallaggio ai vescovi di Volterra, signori feudali del luogo; conosciamo con certezza il nome della madre, Dionisia, mentre quello del padre, Guido o Guidotto, appare per la prima volta in una biografia del santo datata però alla prima metà del XIV secolo. In ragione di questo nome, al santo è stato attribuito il cognome “Guidotti”.
Sugli anni della fanciullezza e dell’adolescenza di Galgano o sulla sua educazione e formazione, non sappiamo niente.
È certo che Galgano sia stato cavaliere: l’accesso alla cavalleria fu la naturale conseguenza della sua appartenenza ad una famiglia che esercitava per tradizione la funzione ufficiale di tutela
dell’ordine costituito, la mano armata del vescovo di Volterra per la protezione del paese e del distretto di Chiusdino. Il giovane crebbe superbo, prepotente e dissoluto ma la morte del padre produsse un cambiamento nella sua vita; la conversione fu sostenuta anche da due forti esperienze mistiche: innanzitutto l’arcangelo Michele, patrono di Chiusdino, apparso in sogno al giovane lo avrebbe convinto ad arruolarsi nella “milizia celeste”; sette giorni dopo, ancora in sogno, l’arcangelo lo avrebbe accompagnato in un tempio rotondo al cospetto della Madonna e dei Dodici Apostoli e lo avrebbe invitato a costruire una chiesa secondo quel modello.
Mosso dal desiderio di dar concretezza a questo invito celeste, Galgano dovette tuttavia affrontare l’opposizione della madre, che tentò di fidanzarlo con una fanciulla di Civitella, un castello della Maremma toscana, alla quale, a partire dalla seconda metà del XVI secolo, è attribuito il nome di Polissena.
Fu proprio recandosi a Civitella, forse per conoscere la promessa sposa, che Galgano, alla vigilia di Natale del 1180, ebbe una nuova esperienza mistica. Sulla strada per la Maremma il cavallo di Galgano improvvisamente si fermò; nonostante che il giovane lo spronasse per farlo andare avanti, non riuscì a farlo muovere. Galgano ritornò allora sui suoi passi, verso una vicina pieve in cui pernottò. Il giorno seguente – solennità del Natale – come giunse al medesimo luogo, poiché di nuovo il cavallo si arrestò, il giovane lasciò le briglie e pregò devotamente il Signore perché lo conducesse al luogo in cui avrebbe trovato la sua pace spirituale. Il cavallo allora si avviò verso la vicina collina di Montesiepi, dove si fermò.
Giunto sulla collina Galgano conficcò il suo spadone di cavaliere nel terreno, un gesto che per i cavalieri del Medio Evo aveva un alto significato spirituale: la spada capovolta ricordava la croce: Galgano quindi non sembra rifiutare la “militia saeculi”, ma superarla, trascenderla; non rinuncia alla spada ma la pone al servizio di una cavalleria diversa da quella vissuta fino ad allora: il cavaliere Galgano, in un certo senso, arruolò se stesso nella milizia di un signore più grande di quello terreno: Gesù Cristo.
L’esempio di Galgano trascinò altre persone e, come molte altre esperienze eremitiche, anche questa costituì l'inizio della fondazione di una nuova comunità monastica.
Nella primavera del 1181 Galgano visitò il Papa Alessandro III e forse in tale occasione ottenne l’approvazione della sua fondazione.
Durante la sua assenza tre persone invidiose, che la tradizione a partire dal XIV secolo ha identificato con alcuni monaci della vicina abbazia di Serena, compirono un attentato contro di lui, distruggendone la capanna e spezzandone la spada. Per intervento divino tutti e tre furono castigati: due di essi morirono, al terzo un lupo strappò a morsi le braccia, ed ebbe quindi tempo per pentirsi e raccontare il prodigio. Le braccia sono tuttora conservate nell’eremo di Montesiepi.
Forse su suggerimento del Pontefice, Galgano si pose in contatto con alcuni i monaci dell’ordine guglielmita, presumibilmente quelli del monastero di San Salvatore di Giugnano, fra i castelli di Roccastrada e Montemassi (attuale provincia di Grosseto), vicino a Montesiepi.
L’esperienza eremitica di Galgano sul Montesiepi durò meno di un anno, in quanto il 30 novembre 1181 il santo morì.
Negli anni successivi la tomba di Galgano divenne mèta di pellegrinaggi e la convinzione che il cavaliere eremita fosse un efficace intercessore presso Dio, che si era manifestata quando era ancora in vita, andò consolidandosi: gli atti del processo di canonizzazione infatti riferiscono numerosi miracoli, guarigioni di persone “attratte” (Un termine generico col quale tuttavia potrebbero essere stati indicati dei paralitici), liberazione di prigionieri, guarigioni da febbri o addirittura dalla lebbra, liberazione di posseduti dal demonio.
Il vescovo di Volterra, Ugo, condusse una prima indagine conoscitiva delle virtù e dei miracoli di Galgano. L’inchiesta ebbe esiti positivi ed egli autorizzò la costruzione di una cappella intorno alla tomba del santo ed alla spada. Il vescovo successivo, Ildebrando Pannocchieschi, nel 1185 ottenne l’apertura di un processo da parte del papa Lucio III e la nomina di tre commissari con il compito di verificare la santità del giovane chiusdinese: siamo certi che fra di essi fosse Corrado di Wittelsbach, cardinale vescovo della Sabina ed arcivescovo di Magonza; per gli altri due sono stati ipotizzati i nomi di Melior, cardinale prete del titolo dei Santi Giovanni e Paolo, e dello stesso Ildebrando.
Non sappiamo se ci sia stata una vera e propria canonizzazione da parte di un papa (Quantunque alcune biografie indichino che essa fu decretata da Lucio III, altre dal successore di lui Urbano III, altre ancora da Gregorio VIII) o se la commissione avesse ricevuto la facoltà di procedere alla canonizzazione, attraverso la “iurisdictio delegata”.
Negli anni seguenti Galgano fu invocato fra i principali patroni della città e dello stato di Siena.
La festa del santo, fu inizialmente posta al 30 novembre e poi spostata al 3 dicembre, giorno in cui si presume sia avvenuta l’ “elevatio” delle sue spoglie, cioè la loro esumazione ed esposizione nell’ambito della canonizzazione. Nella prima edizione del “Martyrologium Romanum”, del 1584, la memoria di San Galgano era fissata al 3 dicembre; nell’ultima edizione, redatta nel 2004 per ordine di Papa Giovanni Paolo II, essa è stata riportata al 30 novembre, ovvero al giorno della morte; a Chiusdino però si mantiene la vecchia tradizione.
La comunità monastica fondata da Galgano si estese in varie parti della Toscana e dell’Umbria, tuttavia all’inizio del XIII secolo si divise, così che, mentre la casa madre aderì all’ordine cistercense, le comunità figlie confluirono nell’ordine agostiniano. Questo fatto e le vicende legate alla caduta della Repubblica di Siena, causarono la dispersione delle reliquie di San Galgano, inizialmente custodite nell’eremo di Montesiepi; nella chiesa di San Michele Arcangelo in Chiusdino, si conserva e si venera però la testa del santo. Nel paese natale del santo esiste ancora oggi una confraternita a lui dedicata, fondata nel 1185 è probabilmente la più antica confraternita della cristianità fra quelle ancora esistenti.
(Autore: Confraternita di San Galgano in Chiusdino - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Galgano Guidotti, pregate per noi.

*Beato Giovanni Garbella da Vercelli - Sacerdote Domenicano (30 novembre)

Mosso Santa Maria, Vercelli, 1205 circa - Montpellier, Francia, 30 novembre 1283
Nato nei primi anni del sec. XIII a Mosso Santa Maria (Vc), conseguita brillantemente la laurea in diritto romano e canonico a Parigi, insegnò a Parigi e poi a Vercelli. Qui nel 1229 entrò nell'Ordine dei Predicatori su consiglio del Beato Giordano di Sassonia e fondò un convento di cui fu anche priore. Ricoprì diversi incarichi e dal 1264 fu Maestro dell'Ordine.
In questa qualità provvide alla decorosa sistemazione della tomba di San Domenico. Fu operatore di pace tra le città italiane, legato papale in Francia e in Castiglia e consigliere di Papa Clemente IV. Religioso austero e paterno, attese al consolidamento dell'Ordine. Fu legato da profonda amicizia con San Tommaso d’Acquino, di cui venerò la memoria e seguì la dottrina. Fu sempre sereno nelle difficoltà della vita, convinto che Dio è onnipotente ed è nostro amico. Morì a Montpellier il 30 novembre 1283.
Martirologio Romano: A Montpellier in Provenza in Francia, Beato Giovanni da Vercelli Garbella, sacerdote, che, Maestro Generale dell’Ordine dei Predicatori, raccomandò intensamente nella predicazione la devozione al Nome di Gesù.
Giovanni Garbella nacque a Mosso Santa Maria, nei pressi di Vercelli in Piemonte, nel 1205 circa. Conseguì brillantemente la laurea in diritto romano e canonico a Parigi, ove insegnò, prima di far ritorno a Vercelli, sempre come insegnante.
Entrò nell’Ordine dei Frati Predicatori nel 1229, assumendo il nome di Giovanni da Vercelli, conquistato dalla persuasiva eloquenza del Beato Giordano di Sassonia, successore di San Domenico.
Ricevette la sua formazione religiosa nel convento di Bologna, ove sulla tomba del glorioso patriarca attinse un indomabile zelo ed una robusta santità, che fecero di lui una delle più belle e caratteristiche figure di domenicano.
La prudenza e la fermezza, l’energia e la più amabile moderazione, l’amore ardentissimo di Dio e delle anime, fecero sì che riuscisse ad adattarsi mirabilmente alle più delicate e difficili mansioni, dentro e fuori dell’Ordine. Fondò un convento in Vercelli, del quale fu priore. Papa Innocenzo IV ed
i suoi successori nutrirono in lui illimitata fiducia e sin nella più tarda età gli affidarono importantissimi e spinosi incarichi. Fu Ambasciatore a Venezia, Genova, Pisa, Firenze, Bologna.
In quest’ultima città fu anche priore del convento domenicano. Legato Pontificio alle corti di Francia e Castiglia, fu consigliere di Papa Clemente IV. Intraprese una grande opera di pacificazione tra le repubbliche italiane ed i sovrani europei e fu uno dei più attivi organizzatori della Crociata.
Non gli mancò molto per essere chiamato ad ascendere al soglio pontificio, tanta era la stima di cui godeva universalmente.
Nel 1264 Giovanni fu eletto sesto maestro generale dell’Ordine dei Predicatori, ufficio in cui si distinse per diciannove anni, mantenendolo nel suo splendore e consolidando l’opera dei suoi predecessori.
In questa veste provvide alla decorosa sistemazione della tomba di San Domenico. Visitò continuamente le più lontane Provincie ed i suoi interminabili viaggi a piedi sono infatti rimasti leggendari. Giovanni era abbastanza piccolo di statura, infatti nella sua prima lettera ai confratelli si descrisse come un “povero ometto”, ma pieno di energia, instancabile nelle sue visite e nelle riforme dei monasteri domenicani d’Europa. Durante i suoi viaggi rispettò comenque sempre tutti i digiuni prescritti dalla Chiesa e dal suo ordine. Monumento imperituro della sua sapienza sono le 21 Lettere encicliche conservate negli Atti dei Capitoli Generali.
Quando fu eletto Papa nel 1271, il Beato Gregorio X incaricò Giovanni ed i suoi frati di farsi portatori di pace fra gli stati italiani in conflitto fra loro. Tre anni dopo gli fu commissionato uno schema per il secondo concilio di Lione, in cui conobbe Giovanni d’Ascoli, successore di San Bonaventura quale ministro generale dei francescani e poi papa con il nome di Nicola IV. Insieme scrissero una lettera indirizzata all’intero ordine dei frati. Successivamente la Santa Sede li inviò entrambi quali mediatori tra i sovrani Filippo III di Francia ed Alfonso X di Castiglia, occasione che permise a Giovanni di rivelarsi valido negoziatore e fautore di pace.
Da alcuni anni era ormai cessata l’Inquisizione seguita alla campagna di Simone di Montfort contro i catari. Papa Gregorio X scelse allora nuovamente Giovanni da Vercelli per curare la divulgazione del culto del nome di Gesù, soluzione che il concilio di Lione aveva individuato onde riparare all’eresia degli albigesi. In tal senso Giovanni indirizzò tutti i priori provinciali e si decise di erigere un altare dedicato al Santo Nome di Gesù in ogni chiesa domenicana e di attivarsi contro la blasfemia e la profanità. Nel 1278 inviò un ispettore in Inghilterra, ove alcuni frati stavano attaccando gli insegnamenti di San Tommaso d’Aquino, che era stato suo amico, e due anni dopo si recò personalmente ad Oxford per tenere un capito generale e difenderne la dottrina.
Più volte Giovanni rifiutò l’episcopato ed una curia a Roma, ma avrebbe desiderato rinunciare anche al generalato del suo ordine. Fu però indotto a mantenere tale incarico sino alla morte. Spirò il 30 novembre 1283 nel convento di Montpellier, in Francia. Le sue reliquie, deposte nella locale chiesa dei domenicani, furono disperse dagli eretici nel XVI secolo. Il Sommo Pontefice San Pio X il 7 settembre 1903 confermò il culto tributato “ab immemorabili” al Beato Giovanni da Vercelli. Ancora oggi è commemorato dal Martyrologium Romanum nell’anniversario della morte, mentre l’Ordine dei Predicatori lo festeggia al 1° dicembre.
(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Giovanni Garbella da Vercelli, pregate per noi.

*Beato Giuseppe (Josè) Otin Aquiluè - Sacerdote salesiano e Martire (30 novembre)
Schede dei Gruppi a cui appartiene: "Beati Martiri Spagnoli Salesiani di Valencia" "Beati 233 Martiri Spagnoli di Valencia" Beatificati nel 2001 "Martiri della Guerra di Spagna"
Huesca, Spagna, 22 dicembre 1901 – Valenza, Spagna, novembre 1936
Martirologio Romano:
A Valencia sempre in Spagna, Beato Giuseppe Otín Aquilé, sacerdote della Società Salesiana e martire, che nella stessa persecuzione raggiunse il regno celeste invitto nella costanza della fede.
Nato a Huesca il22 dicembre 1901.
Studiò nelle Scuole Salesiane. Ben presto decise di andare a Campello (Alicante), per dar risposta alla sua vocazione.
Fu ordinato sacerdote nel 1928.
Il suo sorriso attirava e aveva un carattere che legava facilmente con i giovani. A parte gli studi a Carabanchel (Madrid), il resto della vita lo passò nella provincia di Alicante: Villena, Campello e Alcoy.
Quando scoppiò la guerra civile partì per Valenza e trovò rifugio in una locanda. Rimase lì finché non fu denunciato; poi sparì e se ne persero le tracce.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Giuseppe Otin Aquiluè, pregate per noi.

*Beato Giuseppe Lopez Piteira - Diacono Agostiniano, Martire (30 novembre)

Schede dei Gruppi a cui appartiene:
"Beati Martiri Spagnoli Salesiani di Valencia"
"Beati 233 Martiri Spagnoli di Valencia" Beatificati nel 2001
"Martiri della Guerra di Spagna"

Cuba, 2 febbraio 1912 - Spagna, 30 nomebre 1936
Diacono agostiniano martire in Spagna, è stato il primo indigeno cubano ad essere elevato agli onori degli altari.
E' stato beatificato il 28 ottobre 2007.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Giuseppe Lopez Piteira, pregate per noi.

*San Giuseppe Marchand - Sacerdote e Martire (30 novembre)  

Scheda del Gruppo a cui appartiene:
"Santi Martiri Vietnamiti" (Andrea Dung Lac e 116 compagni)

Passavant, Francia, 17 agosto 1803 - Heu, Vietnam, 30 novembre 1835
Martirologio Romano:
Presso Huê in Annamia, ora Viet Nam, san Giuseppe Marchand, sacerdote della Società per le Missioni Estere di Parigi e martire, che fu condannato al supplizio delle cento frustate sotto l’imperatore Minh M?ng.
Nato a Passavant (dioc. di Besancon) il 17 agosto 1803 e compiuti gli studi nel seminario diocesano, passò, nel 1828, in quello delle Missioni Estere di Parigi. Ordinato sacerdote il 4 apr. dello stesso anno, il 12 maggio successivo partiva per l'Annam.
La sua prima attività si svolse soprattutto nella provincia di Binh-Tuan (Cambogia) in mezzo a più di settemila cristiani, distribuiti in venticinque villaggi. Il decreto di persecuzione del 1833 lo costrinse a riparare nella Cocincina meridionale, dove iniziò una vita randagia e nascosta, finché fu obbligato a nascondersi nel folto della foresta, nutrendosi di erbe. Scoperto dai soldati del ribelle Koi, dovette seguirli fin dentro la città di Saigon, dove costoro si asserragliarono per difendersi dalle truppe reali. L'assedio durò diciotto mesi, durante i quali il capo dei ribelli cercò, ma invano, di indurlo a scrivere alle varie cristianità per sollevarle contro il re. Caduta la città nel sett. 1835, il Marchand fu fatto prigioniero e accusato di aver partecipato alla ribellione. Vana riuscì ogni sua protesta; per cui, chiuso in una gabbia con altri cristiani, fu trascinato a Hué nella prigione Yo-Loang. In alcuni interrogatori che seguirono, l'accusa fu rinnovata e confutata; perciò lo si volle indurre ad apostatare calpestando la croce; ma le risposte del martire furono sempre più decise, anche in mezzo alle terribili torture delle tenaglie infuocate. Il 30 nov., alle 5 del mattino, sette colpi di cannone invitarono gli abitanti ad assistere alla tortura delle cento piaghe, a cui il missionario, perdurando nel suo rifiuto di rinnegare la fede, era stato condannato.
In mezzo ad insulti e ad accuse di infamia e di sortilegio, che provocavano degne risposte, ebbe inizio l'orribile supplizio in una successione paurosa di mutilazioni e lacerazioni fino a che, non reggendo ai tormenti, il martire spirò. Neanche il cadavere fu risparmiato, perché squartato, fu buttato in mare; anche la testa, che infitta a un'asta fu prima portata in giro, fu quindi frantumata e gettata in mare.
Beatificato da Leone XIII, il 27 magg. 1900, la sua festa ricorre al 30 novembre.
(Autore: Celestino Testore - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Giuseppe Marchand, pregate per noi.

*Beato Guglielmo di Paolo - Abate venerato a Maniace (30 novembre)  
Sec. XIV
Un austero e sapiente Abate benedettino, il siciliano Beato Angelo Sinisio, venne incaricato, nel 300, di ristabilire l'osservanza alla Regola in certi monasteri dell'isola dalle abitudini troppo libere, nei quali si era affievolito, se non smarrito, il genuino spirito benedettino.
Nonostante la santità del riformatore, la missione ebbe scarso successo, e gli sforzi del Beato Angelo gli attirarono addirittura un attentato che per poco non gli fu fatale.
Uno dei monasteri nei quali l'opera del Beato Angelo non riuscì a dar frutto, fu l'abbazia di Santa Maria di Maniace, al tempo in diocesi di Monreale.
Il risanamento spirituale di questa comunità, che non era riuscito al Sinisio, venne invece ottenuto, mezzo secolo più tardi, da un suo confratello e successore, il Beato Guglielmo. Anche Guglielmo, come Angelo, era nato a Catania, nella seconda metà del '300.Anch'egli si era fatto monaco benedettino in quella stessa abbazia di San Nicola Dell'Arena, nella quale era stato giovane monaco il Beato Angelo.
Di lui, Guglielmo ricalcò le impronte ancora fresche, e anch'egli si confermò monaco di grande virtù e saggezza, zelante e al tempo stesso comprensivo. Fu insomma meritevole di quell'incarico di revisore, o meglio di riformatore, che lo spinse verso le comunità monastiche ancora bisognose di un'opera paziente di rammendo spirituale.
Anch'egli, così, venne indirizzato a Santa Maria di Maniace, e per lui, quella volta, non ci fu la duplice spiacevole sorpresa di un insuccesso e di un tentato omicidio.
Evidentemente i tempi erano cambiati, e le coscienze si erano fatte più mature e accessibili. L'opera di rammendo fu così possibile, anche se richiese pazienza e fermezza. In quest'opera stanno quasi tutti i titoli di merito del Beato Guglielmo, la cui vita non è conosciuta con sufficiente precisione, per potergli attribuire altre benemerenze. Ma certamente queste non mancarono, prima della sua morte, verso il 1423, che sottrasse alla terra il Beato benedettino per consegnarlo alla gloria dei cieli.
L'abbazia di Santa Maria tornò ad essere, da allora, esemplare vivaio di anime consacrate a Dio e degne della sua ricompensa. E tale rimase per diversi secoli, finché un brutto giorno un terremoto la distrusse quasi completamente.
Ma ciò avvenne nel 1693, a molta distanza dal tempo del Beato Guglielmo. Le sue reliquie continuano ad avere l'omaggio di un ininterrotto culto popolare, più forte e tenace dei terremoti. Perché questi possono squassare e rovinare mura e colonne, ma sono incapaci di sopprimere il ricordo della santità.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Guglielmo di Paolo, pregate per noi.

*Beato Ludovico Rocco (Ludwik Roch) Gietyngier - Sacerdote e Martire (30 novembre)  

Scheda del Gruppo a cui appartiene:
"Beati 108 Martiri Polacchi"

Zarki, Polonia, 16 agosto 1904 - Dachau, Germania, 30 novembre 1941
Il Beato Ludwik Roch Gietyngier, sacerdote diocesano, nacque a Zarki, Polonia, il 16 agosto 1904 e morì a Dachau, Germania, il 30 novembre 1941.
Fu beatificato da Giovanni Paolo II a Varsavia (Polonia) il 13 giugno 1999 con altri 107 martiri polacchi.
Martirologio Romano:
Vicino a Monaco di Baviera in Germania nel campo di prigionia di Dachau, Beato Ludovico Rocco Gientyngier, sacerdote e martire, che, durante l’occupazione della Polonia in tempo di guerra, a causa delle attività criminali perpetrate dai nemici della fede fu sottoposto a tortura e rese lo spirito a Dio.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Ludovico Rocco Gietyngier, pregate per noi.

*Santa Maura di Costantinopoli - Martire (30 novembre)

Etimologia: Maura = nativa della Mauritania oppure bruna di carnagione come un moro, dal latino.
Emblema: Palma
Il Baronio l'ha introdotta nel Martirologio Romano al 30 novembre senza una spiegazione sufficiente, poiché non si conosce alcuna vergine e martire di questo nome né a Costantinopòli, né altrove.
Vi era tuttavia in questa città, almeno dal VI sec., nel quartiere chiamato Iustinianae, una chiesa in onore dei SS. Martiri Timoteo lettore e Maura, sua moglie.
Ma costoro avevano sofferto per la fede nella Tebaide, dove il governatore Arriano, voleva far loro consegnare i libri sacri e rinnegare Cristo.
Avendo i due martiri opposto un rifiuto, il governatore inflisse loro diversi tormenti e infine li condannò alla crocifissione.
I sinassari bizantini li menzionano al 10 novembre e al 3 maggio. Potrebbe però darsi che la confusione del Martirologi Romano derivi da altra fonte.
(Autore: Raymond Janin – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Maura di Costantinopoli, pregate per noi.   

*Beati Michele Ruedas Mejias e 6 compagni - Religiosi e Martiri (30 novembre)  
Schede dei Gruppi a cui appartengono: "Beati Martiri Spagnoli Fatebenefratelli" Beatificati nel 1992 "Martiri della Guerra di Spagna"
+ Paracuellos del Jarama, Spagna, 30 novembre 1936
Martirologio Romano:
In località Paracuellos del Jarama presso Madrid in Spagna, Beati Michele Ruedas Megías e sei compagni,[66] martiri, che, religiosi dell’Ordine di San Giovanni di Dio, insigni per la loro testimonianza di fede cristiana, passarono al Signore durante la persecuzione per la violenza dei nemici della Chiesa.
Nel mese di novembre 1936 a Paracuellos del Jarrama, a 18 chilometri da Madrid, furono uccisi altri 22 Fatebenefratelli della comunità di Ciempozuelos, centro della provincia Andalusa. Nell'ospedale, fondato nel 1877 da San Benedetto Menni, erano ricoverati e curati circa 1200 infermi. Priore della comunità era il B. Fra Guglielmo Llop, nato nel 1880 a Villareal, nella diocesi di Tortosa, e maestro del noviziato era il B. Giovanni Gesù Adradas, nato nel 1878 a Cinquezela, della diocesi di Sigùenza. All'inizio dell'insurrezione militare il comitato marxista di Ciempozuelos accrebbe contro i sacerdoti e i religiosi la sua campagna persecutoria. La Chiesa parrocchiale fu profanata e trasformata in carcere. Di notte i miliziani facevano uscire di casa gli iscritti nella lista nera con il pretesto che dovevano essere interrogati dal Comitato rivoluzionario, e li fucilavano senza pietà nelle cunette delle strade. Prevedendo il peggioramento della situazione, i superiori procurarono il passaporto ai religiosi, e indicarono loro i luoghi dove avrebbero potuto eventualmente trasferirsi. L'ospedale fu circondato da miliziani armati.
Per prudenza i Fatebenefratelli si vestirono da secolari. Furono così autorizzati ad andarsene dove avrebbero preferito. Tolsero dalla chiesa il SS. Sacramento per evitare profanazioni. Il P. Adradas lo nascose nelle pieghe interne degli stivali avvolto in pannilini. I religiosi si strinsero maggiormente attorno ai loro superiori e moltiplicarono le preghiere. L'ospedale fu incamerato dal governo civile di Madrid. La chiesa fu chiusa dopo che erano stati tolti tutti gli oggetti religiosi e la casa perquisita. L'autorità civile sospettava che in essa fossero state occultate delle armi.
In quel frangente giunse da Talavera de la Reina, sul Tago, la ferale notizia del martirio del B.
Federico Rublo, superiore della locale Scuola Apostolica, nato nel 1862 a Benavides de Orbigo, nella diocesi di Artoga e in provincia di Leon, e di altri tre confratelli: 1) il B. Fra Primo Martinez, Vicario Priore, nato nel 1869 a San Romàn de Campezo, nella diocesi di Viteria e in provincia di Alava; 2) il B. Fra Girolamo Ochoa, nato nel 1904 a Goni, nella provincia di Navarra, di professione cuoco; 3) il B. Fra Giovanni della Croce Delgado, nato nel 1914 a Puebia de Alcocer, nella diocesi di Toledo.
Dopo il 18 luglio a Talavera i marxisti cominciarono ad arrestare le persone che consideravano di destra. Nel pomeriggio del 23 luglio un gruppo di miliziani bloccò l'ingresso della casa dei religiosi. Fra Girolamo accorse a vedere ciò che stava succedendo, ma fu arrestato e tenuto con le braccia sollevate per circa mezz'ora tra burla e spintoni. Altri miliziani perquisirono la casa in cerca di armi. A Fra Giovanni della Croce che li accompagnò alla porta disillusi, dissero: "Sappiamo che voi siete intelligenti, ma dovete cambiare mestiere". Nel pomeriggio del 24 luglio era giunta a Talavera da Madrid una colonna di miliziani, "assetati di giustizia popolare". Il giorno dopo, al termine della Messa e della colazione, il superiore dispose che i Fratelli si vestissero da secolari. Verso le dieci entrarono di prepotenza i miliziani nel convento gridando: "Le armi! Dove sono le armi? Non lo volete dire? Tanto è lo stesso, perché nessuno di voi uscirà vivo". E, indicando loro un mucchio di paglia, dissero: "Lì vi bruceremo vivi!".
Invece i marxisti li portarono soltanto via tra le ingiurie e le minacce del popolaccio. Quando giunsero a Piazza Mariana, dove sorgeva il teatro Victoria, trasformato in carcere, i miliziani volevano costringere i Fratelli ad alzare in alto il pugno chiuso e a gridare: "Viva il Comunismo!".A nome di tutti soltanto Fra Guglielmo urlò: "Viva Cristo Re!".
Al presidente del Tribunale del Popolo il superiore disse: "Mi chiamo Federico Rubio, sono sacerdote, e non sapendo fino a quando dovremo restare qui, ho portato con me alcune ostie perché, se mi è possibile, possa celebrare la Messa". I miliziani andarono sulle furie. Uno di loro lo colpì con il calcio del fucile dicendogli: "Le ostie le porto io in questa canna, e presto le daremo a voi". Difatti li fecero salire sopra un automobile dando loro a intendere che li avrebbero portati a Toledo. Invece, non molto lontano da Talavera, li fecero scendere davanti al santuario di N. S. del Prato, patrona del paese, li condussero dietro la chiesa e, come cani randagi, li fucilarono davanti a una colonna di pietra, sormontata da una croce. Il P. Rublo e Fra Girolamo morirono sul colpo. Fra Giovanni della Croce morì mentre veniva trasportato all'ospedale. Fra Primo morì tra atroci sofferenze nell'ospedale dicendo: "Madonna del Carmine, abbi pietà di me. Signore, perdonali, come io li perdono".
Lo stesso giorno, il tabernacolo che i religiosi avevano lasciato chiuso nella cappella, a forza fu aperto nella parte posteriore da un gruppo di ferrovieri, guidati da una giovane maestra, la quale
ebbe il diabolico coraggio di estrarre la pisside, buttare a terra le ostie consacrate e calpestarle tra le bestemmie e le oscene risate dei presenti.
Due settimane dopo, cioè il 7 agosto, primo venerdì del mese, la numerosa comunità di Ciempozuelos fu dichiarata in arresto, spogliata di tutto quanto possedeva e ricoperta d'insulti. In mattinata era riuscita a farsi celebrare l'ultima Messa e a fare la comunione nella cappella del noviziato. Dopo pranzo, gruppi di miliziani radunarono i religiosi con atroci insulti, li schedarono, li spogliarono dei loro oggetti devoti e dei denari che avevano ricevuto dai superiori e, verso mezzanotte, li condussero in refettorio per la cena. Il Priore li dispensò dal silenzio dicendo: "Giacché il Signore dispone così, noi non ci affliggiamo. Facciamo ricreazione. Sia lodato Gesù Cristo".
Il giorno dopo il Provinciale permise che alcuni Fratelli rimanessero in casa per il loro particolare servizio in ospedale. Gli altri nel pomeriggio furono trasportati a Madrid e rinchiusi in un sotterraneo. Per cena fu loro somministrato soltanto un po' di pane e un piatto di lenticchie. Il 9 agosto furono condotti nel carcere di Sant'Antonio, ex-collegio dei Padri Scolopi, diventato tristemente famoso. In tutto i Fratelli erano 54, inclusi i novizi, gli oblati e i postulanti i quali vivevano strettamente uniti al Provinciale, al Priore e al maestro dei novizi. La mattina prestissimo facevano le loro preghiere sdraiati sui pagliericci o riuniti in due o tre per non dare nell'occhio. Recitavano il rosario con le corone di corda che erano riusciti a confezionarsi, praticavano il ritiro spirituale, si confessavano passeggiando e si animavano al martirio dicendo: "Questa è una grazia troppo grande per noi".
Nel carcere erano presenti più di mille persone. Appartenevano alle più disparate categorie sociali e dovevano comparire ogni tanto davanti al Tribunale Popolare. I miliziani più perversi
dicevano ai religiosi più anziani: "Guarda, guarda, che esemplari bellissimi che abbiamo! Che avranno fatto di utile questi all'umanità?". Se vedevano qualcuno dei superiori conversare con i Fratelli più giovani li affrontavano villanamente dicendo: "Svelto, via di lì. Non ti sembrano poche le cattiverie che hai insegnato ad essi?". Cercarono di indurre i più inesperti a bestemmiare, a commettere atti lascivi con insulti e coltelli alla mano, ma inutilmente. Uno di essi rispose loro: "È inutile che insistiate. Se avete da risolvere qualcosa fatelo subito perché altro non otterrete da me". I miliziani gli dissero: "Allora ti tiriamo due colpi". L'intrepido religioso li rimbeccò: "Anche se me ne volete dare cento è lo stesso".
Il prelievo e la fucilazione dei prigionieri furono iniziati ai primi di novembre 1936. Il giorno 7, in due spedizioni, furono mitragliati circa 1000 militari in una vallata sabbiosa, bagnata dal fiume Jarrama a circa 3 chilometri dal paese Paracuellos. Nella suddetta località furono fucilati anche 15 Fatebenefratelli il 28 novembre 1936 e 7 il 30, pienamente conformati al volere di Dio. Si erano separati dai confratelli in lacrime e con l'augurio: "Arrivederci in cielo". Furono fatti salire sui "veicoli della morte" con le mani legate dietro la schiena, tra gli insulti della folla accorsa alla porta del carcere. Si calcola che soltanto a Paracuellos siano state mitragliate 12.000 persone.
(Autore: Guido Pettinati - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beati Michele Ruedas Mejias e 6 compagni, pregate per noi.

*San Mirocle (Mirocleto) - Vescovo (30 novembre)  
Martirologio Romano: A Milano, San Miroclèto, vescovo, che Sant’Ambrogio ricorda tra i fedeli vescovi suoi predecessori.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Mirocle, pregate per noi.

*San Taddeo Liu Ruiting - Sacerdote e Martire (30 novembre)  
Scheda del Gruppo a cui appartiene:
"Santi Martiri Cinesi" (Agostino Zhao Rong e 119 Compagni)

Qunglai, Cina, 1773 circa - Quxian, Cina, 30 novembre 1823
Sacerdote a trentacinque anni, Taddeo Liu Ruiting percorreva i distretti affidatigli per assistere i fedeli sparsi nei villaggi. Arrestato nella Pentecoste del 1821, dopo aver sopportato il supplizio di stare esposto al sole per alcune ore fu lasciato languire in prigione per tre mesi.
Condotto nel capoluogo di provincia Tcheou-Tou e condannato a morte, fu inviato nel suo paese Ku-Hien in attesa che l'imperatore confermasse la condanna. Attese due anni in carcere per essere
poi strangolato presso il tempio il 30 novembre 1823.
Papa Giovanni Paolo II lo ha canonizzato il 1° ottobre 2000, durante il Grange Giubileo del 2000, insieme ad una folta schiera di 120 martiri in terra cinese.
Martirologio Romano: In località Quxian nella provincia di Sichuan in Cina, San Taddeo Liu Ruiting, sacerdote e martire, strangolato in odio alla fede.
Sacerdote a trentacinque anni, percorreva i distretti affidatigli per assistere i fedeli sparsi nei villaggi. Tradito da un cristiano, per vendetta contro un altro cristiano da cui era stato rimproverato, fu arrestato nella Pentecoste del 1821.
Dopo aver sopportato il supplizio di stare esposto al sole per alcune ore, fu lasciato languire in prigione per tre mesi.
Condotto nel capoluogo di provincia Tcheou-Tou e condannato a morte, fu rinviato al suo paese Ku-Hien in attesa che l'imperatore confermasse la condanna. Attese due anni in carcere, per essere poi strangolato presso il tempio il 30 novembre 1823. Fu beatificato da Leone XIII il 27 maggio 1900.
(Autore: Giovanni Battista Proja - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Taddeo Liu Ruiting, pregate per noi.  

*San Tutwal - Abate e Vescovo (30 novembre)  
VI secolo
Tre località della penisola di Lleyn, parte settentrionale della baia di Cardigan, portano ancora oggi il nome di Tutwal, Tugdual o Tual. Questo misterioso santo non compare negli antichi calendari del Galles, ma il suo culto è assai diffuso in Bretagna ove si narra si fosse trasferito con la madre, la sorella ed alcuni monaci a Lan Pabu ed a Léon. Fondò anche diversi altri monasteri. Suo cugino Deroc era signore del luogo, ma la leggenda vuole che Tutwal si sia recato a Parigi per ottenere dal re franco Childeberto I la conferma dei suoi titoli. Il sovrano non solo acconsentì, ma volle che il santo divenisse il primo vescovo di Treher, l'odierna Trégueir, ove poi visse sino alla morte nel monastero che vi aveva fondato. Sull'isoletta orientale disabitata di Tudwal (Ynis Tudwal), al largo di Abersoch nella penisola di Lleyn, si scorgono ancora le rovine di un'antica cappella dedicata a San Tutwal, che pare essere stata il suo eremo prediletto, menzionata anche nei documenti locali riguardanti la riscossione dei dazi del 1291. Il nome del santo compare in una litania bretone del X secolo. L'arte è solita raffigurarlo in abiti vescovili, nell'atto di tenere un drago legato con la sua stola.  (Avvenire)Tre località della penisola di Lleyn, parte settentrionale della baia di Cardigan, portano ancora oggi il nome di Tutwal, Tugdual o Tual. Questo misterioso santo non compare negli antichi calendari del Galles, ma il suo culto è assai diffuso in Bretagna ove si narra si fosse trasferito con la madre, la sorella ed alcuni monaci a Lan Pabu ed a Léon. Fondò anche diversi altri monasteri. Suo cugino Deroc era signore del luogo, ma la leggenda vuole che Tutwal si sia recato a Parigi per ottenere dal re franco Childeberto I la conferma dei suoi titoli. Il sovrano non solo acconsentì, ma volle che il Santo divenisse il primo vescovo di Treher, l'odierna Trégueir, ove poi visse sino alla morte nel monastero che vi aveva fondato.  (Avvenire)
Martirologio Romano: Nella Bretagna in Francia, san Tugdual, detto Pabu, abate e vescovo, che fondò un monastero nel territorio di Tréguier.
Ben tre località della penisola di Lleyn, parte settentrionale della baia di Cardigan, portano ancora oggi il nome di Tutwal, Tugdual o Tual. Questo misterioso santo non compare negli antichi calendari del Galles, ma il suo culto è assai diffuso in Bretagna ove si narra si fosse trasferito con la madre, la sorella ed alcuni monaci a Lan Pabu ed a Léon. Fondò anche diversi altri monasteri. Suo cugino Deroc era signore del luogo, ma la leggenda vuole che Tutwal si sia recato a Parigi per ottenere dal re franco Childeberto I la confermadei suoi titoli. Il sovrano non solo acconsentì, ma insistette anche affinché il Santo divenisse il primo vescovo di Treher, l’odierna Trégueir, ove poi visse sino alla morte nel monastero che vi aveva fondato.
Sull’isoletta orientale disabitata di Tudwal (Ynis Tudwal), al largo di Abersoch nella penisola di Lleyn, si scorgono ancora le rovine di un’antica cappella dedicata a San Tutwal, che pare essere stata il suo eremo prediletto, menzionata anche nei documenti locali riguardanti la riscossione dei dazi del 1291.
Il nome del santo compare in una litania bretone del X secolo ed il nuovo Martyrologium Romanum lo commemora in data odierna 30 novembre. L’arte è solita raffigurarlo in abiti vescovili, nell’atto di tenere un drago legato con la sua stola. Le città di Tréguier, Laval e Chartres sostengono tutt’oggi di possedere parte delle sue reliquie. In Bretagna è conosciuto anche con l’appellativo “Pabu”, che significa padre.
(Autore: Fabio Arduino - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Tutwal, pregate per noi.

*Beato Vincenzo Queralt Lloret - Sacerdote Vincenziano, Martire (30 novembre)
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
"Beati Martiri Spagnoli Vincenziani" (Vincenzo Queralt Lloret e 20 compagni) Beatificati nel 2017 - 6 novembre
"Santi, Beati e Servi di Dio Martiri nella Guerra di Spagna Vittime della persecuzione religiosa - Senza Data (Celebrazioni singole)
Barcellona, Spagna, 17 novembre 1894 – 30 novembre 1936
Vicente (in catalano Vicenç) Queralt Lloret, della Congregazione della Missione (ossia i Padri Vincenziani), impegnato specialmente nelle missioni al popolo e all’apostolato giovanile. Come molti sacerdoti dell’epoca, cercò rifugio, ma venne arrestato in quanto sacerdote. Fu quindi ucciso il 30 novembre 1936, a 42 anni. Posto a capo di un gruppo di 21 tra sacerdoti, suore e laici vincenziani, più cinque sacerdoti della diocesi di Valencia, è stato beatificato con loro e con altri 39 martiri della Famiglia Vincenziana l’11 novembre 2017 a Madrid, sotto il pontificato di Papa Francesco.
Vicente (in catalano Vicenç) Queralt Lloret nacque a Barcellona il 16 novembre 1894. Figlio di Miguel e Dolores, fu battezzato nella parrocchia di San Giovanni Battista a Barcellona il 25 novembre, nove giorni dopo la nascita.
Rimasto orfano, fu accolto con altri tre fratelli dalle Figlie della Carità, quindi conobbe dall’infanzia il carisma vincenziano. Il 24 settembre 1913 entrò a tutti gli effetti nella Congregazione della Missione, mentre divenne sacerdote il 15 marzo 1919, a Lerida.
Nello stesso anno fu inviato al Collegio apostolico e studentato di Bellpuig, vicino Lerida: rimase lì tre anni, nei quali si dedicò all’insegnamento, sia ai futuri confratelli sia ai giovani del luogo, nella scuola serale. Nel 1922, dopo una breve permanenza nella Casa provincializia, fu destinato a Palma di Maiorca, nelle Baleari. In quella località si diede intensamente alle missioni al popolo, alla predicazione in città e alla direzione di Esercizi spirituali; alimentò anche le associazioni cristiane per la gioventù.
Dal 1933 cominciò a operare nei dintorni di Barcellona, per la pastorale rurale nei piccoli centri della provincia catalana. Dotato di grandi qualità umane, sapeva condurre a Dio i fedeli, particolarmente quelli più giovani: per loro organizzò l’associazione dei Figli di Maria della Medaglia Miracolosa, grosso modo corrispondente all’odierna Gioventù Vincenziana.
Fondò anche la rivista «Ofrena», sulla quale pubblicò opere letterarie e composizioni musicali. La sua attività era radicata nella sua devozione all’Eucaristia e alla Vergine Maria, che davano impulso al suo zelo missionario.
Il 19 luglio 1936, proprio il giorno dell’inizio della guerra civile spagnola, tutti i missionari della sua comunità furono espulsi dalla casa. Il giorno dopo, i miliziani anarchici della FAI diedero fuoco alla
casa e alla chiesa adiacente, insieme alla chiesa della Madonna della Medaglia Miracolosa (comunemente detta “La Milagrosa”) e ad altri edifici sacri.
Padre Vicente si rifugiò in casa di alcuni familiari, ma, sentendosi inseguito, cambiò nascondigli varie volte. Alla fine un gruppo di miliziani lo rintracciò in casa di una benefattrice: lo catturarono verso il tramonto e lo fucilarono la notte del 30 novembre 1936. Il suo corpo fu sepolto in una fossa comune e non fu possibile rintracciarlo in seguito.
La causa di padre Vicente è stata compresa in quella di altri 20 tra sacerdoti, suore e laici vincenziani, più cinque sacerdoti della diocesi di Cartagena. Il nulla osta per l’avvio della causa unitaria porta la data del 27 novembre 2003.
L’inchiesta diocesana si è quindi svolta dal 4 marzo 2004 al 6 giugno 2008 nella diocesi di Valencia. Questo perché fu necessario, il 3 dicembre 2003, il trasferimento della competenza del tribunale ecclesiastico dalle diocesi di Barcellona e Cartagena, per i candidati morti nel loro territorio.
Il 1° dicembre 2016 Papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto che  dichiarava ufficialmente martiri padre Vicente Queralt Lloret e i suoi 38 compagni, aprendo la via alla loro beatificazione. Insieme a loro, sono stati beatificati altri 39 tra sacerdoti, fratelli coadiutori e laici vincenziani, capeggiati da padre José María Fernández Sánchez. Il rito è stato celebrato l'11 novembre 2017 dal cardinal Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, come inviato del Santo Padre.
(Autore: Emilia Flocchini - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Vincenzo Queralt Lloret, pregate per noi.

*Altri Santi del giorno (30 novembre)
*San
Giaculatoria - Santi tutti, pregate per noi.

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